Ogni volta che il cameriere mi serve un thali non posso fare a meno di pensare che sto, metaforicamente, mangiando l’India. Mi succede da quando ho letto le osservazioni di Santosh Desai a proposito del pranzo nazionale (nel libro Mother Pious Lady).
Il thali, nel sud chiamato meals, è tipico di tutta l’India, con le dovute varianti. In India il pasto ideale ha tutti i sapori in una portata. Dal piccante al dolce, ogni aroma è presente nel piatto, il thali appunto. Nel nord dell’India è servito in piatti metallici ed è solitamente vegetariano, nel sud su foglie di platano, con molte verdure in umido, sia nella versione vegetariana che con carne e pesce. Gli ingredienti base sono riso bollito e chapati si accompagnamento con verdure cotte e crude, crude, legumi (lenticchie gialle o fagioli o ceci), sottaceti (buonissimo il mango acerbo con abbondante peperoncino e lime), salse varie, yogurt, croccanti sfoglie fritte (speziate nel nord, lisce nel sud) e un dolce (solitamente a base di riso e latte). Dal punto di vista del valore nutritivo è un piatto completo con apporto di carboidrati, proteine, grassi, vitamine, minerali, antiossidanti e fibre.
Il thali è una metafora dell’India, della gioia che gli indiani sanno trovare nel pluralismo caotico della loro vita. Nel piatto ogni ingrediente ha un sapore distinto, ma si completa nel tutto, così come nel cinema e nell’arte si integrano tutte le emozioni e nel Paese gli stati, le religioni, le usanze, le etnie, le lingue. Nel meals non c’è ingrediente che non possa essere accomodato, in sintonia con la cultura indiana che da sempre assimila elementi venuti dall’esterno.
Nel modo stesso di mangiare Desai vede un riflesso della logica indiana: si inizia con un ordine prestabilito, quasi rituale, per poi distruggerlo con voluttà estrema. Dall’ordine puntigliosamente codificato, al caos intensamente vissuto e forse voluto, come quello che sembra governare le strade. L’illusione di avere tutto sotto controllo e il piacere della libertà di trasgredire all’ordine. Davanti al variopinto thali l’indiano gioisce per l’abbondanza, lo sguardo abbraccia in un momento tutto il cibo, senza sorprese. Forse i vostri occhi non si illuminano di immenso alla vista di un meals, soprattutto se è il terzo della settimana comunque al palato piace, ma è soprattutto lo stomaco a gradirlo. Sarà perché gli ingredienti sono freschi e cotti sul momento, o perché è ben bilanciato: mangiare un thali allontana i pericoli di ribellioni gastrointestinali.
Superato il primo impatto piacevole e leggermente scombussolante (mischiare tutti i sapori, mangiare con le mani, addentare un peperoncino e una cipolla cruda…), fatta l’abitudine a ritrovare sapori affini a ogni pranzo e sviluppata lentamente l’abilità a distinguerli, l’apparato digerente vi premierà con buona salute e energia per affrontare tutta l’India che vi aspetta oltre la tavola.
Consigli pratici per il primo thali
Dove mangiare? Il thali è servito in numerosi ristoranti di categoria medio-bassa destinati agli indiani (attenzione che spesso i ristoranti sono chiamati Hotel e non restaurant). Non si trova facilmente nei ristoranti di classe superiore e quasi mai in quelli turistici. Scegliete quello che soddisfa i vostri bisogni di igiene, dove vi sia sufficientemente traffico a garanzia della freschezza del cibo.
Come si mangia il thali? E’ sempre meglio mangiare con la mano destra (come vedete nel video in copertina), ma potete anche avvalervi di cucchiaio e forchetta. Solitamente si mangiano prima le chapati con le verdure e in seguito il riso con le pietanze in umido e si finisce con il dolce (nel sud mischiato con le sfoglie fritte). Attenzione all’achar, il sottaceto dal colore rosso intenso: si usa per insaporire le pietanze, non si mangia da solo e ha un sapore molto intenso. Non preoccupatevi delle quantità, ogni volta che finite qualcosa un cameriere tornerà a riempirvi il piatto, perdono... il thali, fino a sazietà.
Crediti immagini nel testo:
North Indian Thali di Gracinha Marco Abundo
South Indian Meals di Paul Joseph
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