Gruppo Zenit è stata una fra le prime aziende italiane di Information Technology a collaborare quotidianamente con l'avanguardia tecnologica del subcontinente indiano. Da questo rapporto è nato un magazine dedicato a chi vuole orientarsi fra gli usi e i costumi di un Paese ricco di storia e di cultura, di contraddizioni e di opportunità di sviluppo e dove tutto, dal passato al futuro, è sempre presente. Un Paese da scoprire visitandolo, lavorandoci o anche soltanto leggendo le storie e i suggerimenti che abbiamo raggruppato per voi in sei categorie che faciliteranno la ricerca e la consultazione:

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Salvar: l'abito che non fa...la monaca

Come ci si veste in India? Il salvar kameez è ideoneo a diverse situazioni e fa parte della storia del costume indiano.

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C’era un tempo in cui in India l’abito faceva il monaco, il modo di vestire indicava la regione di appartenenza, la religione, la casta e lo stato civile… poi arrivò il Salvar Kameez che divenne negli anni uno dei vestiti di moda più diffusi nel subcontinente (assieme al sari) adottato dalle donne di qualsiasi credo.

 


Il salvar kurta (conosciuto anche con altri nomi) è composto da tre capi:
i pantaloni, salvar; una camicia lunga detta kameez (parola di origine araba, prestito forse dall’antico greco e dal latino) o kurta (l’equivalente indiano); e un ampio scialle chiamato dupatta o chunnari

 


Il salvar kameez arrivò in India con le invasioni musulmane intorno al 1000 d.C.. Furono i Moghul, che lo adottarono come abito imperiale, a diffonderlo in tutto il loro regno. L’imperatore Akbar incoraggiò la sintesi dello stile persiano e indiano in tutti i campi, dall’architettura alle arti tessili. Così nacque il vero e proprio antenato del salvar kameez moderno (il costume usato dalle danzatrici di Kathak è fedele allo stile originale moghul e il modello Anarkali è di ispirazione moghul é molto di tendenza negli ultimi tempi)

 


Dai tempi del moghul ad oggi il salvar kameez ha cambiato molti nomi e innumerevoli stili. Usato originariamente sia da uomini che da donne è diventato inseguito un abito prettamente femminile, portato soprattutto nelle regioni del nord ovest e dalle ragazze prima del matrimonio. L’industria della moda ne ha fatto un vestito chic per le donne delle città. Fin dagli anni ’80 è entrato nelle botteghe degli stilisti e nel mercato della moda globale.

 


I pantaloni dei tempi dei moghul si chiamano churidhar e sono di moda ancora oggi: stretti e molto lunghi, portati arricciati sulle caviglie. Dal Punjab arrivano i patiala, larghi pantaloni con abbondanti pieghe che cadono lateralmente. Si dice che il Maharaja di Patiala li abbia creati per amore della comodità e siano stati subito adottati nell’intero regno. Il modello più classico è il salvar, comodi pantaloni ristretti alla caviglia da portare fino a coprire il dorso dei piedi. In comune a tutti i modelli e la vita larghissima da portare arricciata e da non mostrare mai: va sempre nascosta sotto la camicia (lunga almeno fino a mezza coscia e aperta ai lati per permettere il movimento).

 


Sopra la kameez è d’obbligo il dupatta. Nato dall’esigenza di coprire il petto mantiene la sua funzione nelle campagne e negli stati meridionali dove è appuntato con spilli da balia alle spalle. Nelle occasioni di festa o in città diventa però un accessorio da indossare attorno al collo come una sciarpa o appoggiato su una sola spalla.

 


Il dupatta è usato dalle donne musulmane come un’alternativa più sbarazzina al burqa, il velo che copre la testa. Nel nord dell’India anche le donne hindu lo usano per coprirsi la testa (in alcune zone il volto) entrando in un tempio o come segno di rispetto e protezione dagli sguardi di uomini sconosciuti.

 


La maggior parte delle donne non compra un salvar kameez preconfezionato ma acquista la stoffa necessaria e se lo fa cucire da un sarto, su misura. Sul mercato esistono numerosi set di materiali, con la stoffa per i tre pezzi, talvolta con il disegno del collo già predeterminato. In negozio sapranno indicarvi la quantità di stoffa necessaria. I sarti sono bravissimi a cucire i salvar, ma non aspettatevi un taglio di tipo occidentale. Potete invece sbizzarrirvi a scegliere il disegno per il collo e per le maniche. Se ve la cavate bene con la macchina da cucire provate a seguire le istruzioni in questo video.

 


C’è un salvar kameez per ogni situazione. Se volete partecipare a una festa o siete invitate a un matrimonio potete sceglierne uno particolarmente ricco, mediando un poco con la vostra predilezione italiana per i materiali naturali e i disegni semplici (una volta per un fidanzamento ho comprato un bellissimo churidhar di cotone naturale con dupatta di chignon stampato a mano e giunta al ricevimento la cucina della sposa mi ha chiesto dove avessi messo il vestito per la festa…)

 


In India potete sentirvi libere di indossare i vestiti del luogo, sarà preso come un gesto di accettazione della loro cultura. Mentre indossare un sari può creare qualche difficoltà iniziale il salvar kameez è un abito pratico e comodo che vi permette di esprimere la vostra personalità. Ogni luogo ha le proprie usanze, guardatevi attorno per capire quale abito sia più consono alla vostra età e al contesto. In generale il salvar kameez classico si usa a tutte le età, mentre sono più le giovani che optano per un churidhar. Se andate in campagna non dimenticatevi lo scialle, che in città potete anche abbandonare.

Se state pensando di avere un salvar kameez e non siete in India potete seguire questi consigli.


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