Gruppo Zenit è stata una fra le prime aziende italiane di Information Technology a collaborare quotidianamente con l'avanguardia tecnologica del subcontinente indiano. Da questo rapporto è nato un magazine dedicato a chi vuole orientarsi fra gli usi e i costumi di un Paese ricco di storia e di cultura, di contraddizioni e di opportunità di sviluppo e dove tutto, dal passato al futuro, è sempre presente. Un Paese da scoprire visitandolo, lavorandoci o anche soltanto leggendo le storie e i suggerimenti che abbiamo raggruppato per voi in sei categorie che faciliteranno la ricerca e la consultazione:

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India, che numeri!

In materia di numeri l’India ha in serbo più di una sorpresa.Incominciano dall''inizio: 0,1,2,3...

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In materia di numeri l’India ha in serbo più di una sorpresa. Oggi sono famosi i programmatori informatici che padroneggiano codici sviluppano applicazioni software. E’ vero i cinesi sono più famosi per la matematica, eppure non ci sarebbe stata l’aritmetica, così come la conosciamo ora, se non ci fossero stati i filosofi indiani. Il numeri del sistema decimale, di uso corrente, sono nati in India. Perchè gli indiani, e non per esempio gli eruditi greci, hanno elaborato la notazione posizionale con 10 cifre?

Sicuramente la matematica ha avuto grandissima importanza fin dagli albori della civiltà in India. L’antica civiltà dell’Indo (2500-1500 a.C circa.) aveva svuluppato pesi e misure, in scala decimale, per pesare il grano e misure per fabbricare mattoni per edificare le città. Saper fare calcoli astronomici era indispensabile per i mercanti dell’epoca vedica che guardavano al cielo per attraversare oceani e lande disabitate; per gli astronomi che crearono calendari precisi tenendo conto delle stagioni di pioggia per migliorare l’agricultura; per i regnanti che amministravano il regno e per gli astrologi, che analizzarono l’influenza degli astri. Ma a motivare la ricerca furono anche esigenze religiose-filosofiche: sia per il calcolo dell’area per i sacri altari del sacrificio, che come strumento per leggere l’universo e raggiungere l’illuminazione. Lo spazio e il tempo erano percepiti come infiniti e nacque così un profondo interesse verso i numeri grandi.

Le prime cifre, i cui simboli non corrispondo a lettere dell’alfabeto come nel mondo greco, sono i numeri brahmi che si ritrovano nelle iscrizioni e sulle monete datate tra il III a.C e il IV d.C. Fu tuttavia solamente nel periodo Gupta (IV-VII d.C) che si introdusse un sistema di notazione posizionale. Il primo documento scritto con numeri decimali è la carta di donazione di Dadda II datata 594 d.C e le prime iscrizioni si possono ammirare nel tempio Chatturbhuja di Gwalior del 876 d.C. Esistono poi prove indirette dell’uso dei numeri posizionali in epoche precedenti. Nel 1881 un contadino scavando nel villaggio di Bakshali, nell’odierno Pakistan, rinvenne un antico manoscritto (detto Bakshali manuscipt) inciso su corteccia, in cui compaiono i numeri del sistema decimale, ma la data del manoscritto è incerta, variando tra il III e il VII d.C. Sembra plausibile che gli indiani usassero già a partire dal V d.C il sistema decimale, forse elaborto dal matematico Aryabatha e che solo successivamente riportarono i numeri per iscritto.

Secondo alcuni gli indiani perfezionarono il sistema numerico sessagesimale babilonese, sviluppato nel XIX a.C, adattandolo all’uso autoctono di misure su base decimale. Una seconda ipotesi sostiene che l'ispirazoine venne dalle notazioni cinesi basate su corde e nodi (e successivamente il favore fu restituito quando monaci buddhisti fecero conoscere i numeri indiani alla Cina). Molti pensano che sia stata un’elaborazione del tutto indiana, nata dalle esigenze viste precedentemente.

Sicuramente i numeri gupta passarono a essere scritti diversamente nelle diverse regioni del paese e quelli in caratteri nagari (i più belli secondo Al-Biruni del XI d.C) viaggiarono verso il mediterraneo con i mercanti e studiosi arabi. Da qui fu poi un italiano, Fibonacci, figlio di un mercante pisano e geniale appassiontato di matematica, a farli approdare in Italia. Ma a causa dell’opposizione della Chiesa bisognerà aspettare fino al rinascimento per averne la completa adozione, quando anche i commerci ripresero a fiorire e le navi a solcare nuovamente i mari orientali. Non solo la notazione decimale è arrivata a noi dall’India. Ancora più importante è stata l’intuizione dello zero come numero, non solo come simbolo nei sistemi posizionali, già usato dai babilonesi e dai Maya. Ma le sorprese non si limitano all’aritmentica. Il famoso teorema di Pitagora lascia pensare che il grande filosofo greco fosse al corrente delle teorie matematiche indiane: il Sulva Sutra (VIII a.C) e il Shatapatha Brahmana (VIII-VI a.C.) provano che il teorema fosse già noto in India un paio di secoli prima. Per non parlare della trigonometria e, non più nel campo delle scienze esatte, della numerologia indiana, dove ogni numero ha un valore esoterico e occulto che collega l’individuo alle forze dell’universo. Ma questa è un’altra storia che forse leggeremo in futuro, se i numeri vorranno!


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