Madurai ha il fascino delle città indiane antiche immerse nel presente scoppiettante. Strade contorte con superstiti muri di altri tempi, incongruenti scatoloni di cemento ricoperti da luccicanti pannelli che riflettono la luce e si coprono della polvere sollevata dai veicoli spavaldi sulla strada, congestionata da un traffico disordinato.
Poi ti trovi davanti agli occhi uno degli imponenenti gopuram (torri di ingresso, 12 in tutto) del tempio di Minakshi (anche scritto Meenakshi) ed entri nel labirinto della storia della città.
Il tempio è conosciuto come Minakshi –la dea dagli occhi a forma di pesce (nel box la sua storia)- ma in realtà è dedicato alla coppia divina della Devi e Sundareshwar(manifestazioni di Shiva e Parvati). Il cuore del tempio sono i sancta-sanctorum che ospitano le due divinità, attorno a cui furono costruiti in epoche diverse numerosi padiglioni, cortili, santuari minori, gallerie e mura con gli ingressi sovrastati dai famosi gopuram.
Minakshi nacque sulla terra a seguito di un sacrificio con il fuoco fatto da un potente re che non aveva figli e desiderava un figlio maschio che regnasse alla sua morte. Comparve invece una bellissima bambina con tre seni, il terzo sarebbe scomparso quando la fanciulla avesse incontrato l’uomo da sposare. La fanciulla venne cresciuta come un maschio e divenne un abile condottiero. Arrivò a conquistare le terre del nord e sul monte Kailash incontrò Shiva: il dio si innamorò di lei e lei perse il terzo seno. I due tornarono a Madurai per sposarsi, dopo qualche anno tornarono in cielo lasciando sul trono il figlio, capostipite della dinastia Pandya a cui si attribuisce la prima edificazione del tempio.
Il Meenakshi temple è considerato il miglior esemplare dell’arte templare dravida (lo stile del sud), visitandolo si attraversano tutte le fasi architettoniche e artistiche dell’evoluzione del tempio –anche se la maggior parte di ciò che si ammira oggi risale al XV-XVII secolo, poichè nel XIII il tempio venne saccheggiato e severamente danneggiato dalle armate del sultanato di Delhi.
Vi consiglio però per la prima visita di non soffermarvi sugli eventi cronologici, di non andare nel dettaglio delle numerose leggende che pervadono le pietre del tempio. La prima volta che si entra nel tempio di Minakshi è bello perdersi nel suo labirinto, camminare seguendo l’intuizione del momento, lasciarsi coinvolgere dall’atmosfera sospesa e dai giochi di ombra e luce, rimanere incantati dalla potenza di alcune statue e dall’attività incessante dei sempre numerosi pellegrini che visitano il santuario. Potete muovervi liberamente, senza alcun pericolo a patto di lasciare scarpe e calze fuori (anche la macchina fotografica deve stare fuori). I non hindu non possono accedere ai sancta-sanctorum.
Si ha la sensazione di vivere in un'altra realtà, dove il tempo non batte più con lo stesso ritmo. Non è un caso, gli ideatori che progettarono il complesso templare vollero tradurre in pietra il concetto di transizione dal mondo materiale a quello dello spirito. Il tempio è un percorso dall’esterno all’interno, dal mondano al divino, dal contingente all’eterno.
Idealisticamente colui che ricerca dio percorrendo le sale del tempio, attraversandone le porte e le gallerie, passando sotto gli occhi delle statue che raccontano storie, fisicamente e mentalmente entra in uno stato diverso, dove l’ego perde valore e la connessione con le forze dell’universo (esotericamente ricreate e convogliate sul piano simbolico) permette di comunicare con il divino.
Il devoto hindu all’interno del tempio procede sempre lungo un percorso in senso orario, giungendo al cuore del tempio solo dopo averlo circumnavigato almeno una volta.
Nessuno si aspetta che facciate lo stesso, non solo perché dovreste muovervi con una piantina in mano (se volete ne trovate una in galleria), ma anche perché intanto noi nel cuore del tempio non possiamo entrare. Siamo destinati alla periferia, che nel tempio di Minakshi potrebbe richiedere anche un paio di giorni a volersi soffermare sulle statue (ce ne sono 28000 solo sulle torri) e sulla storia.
Una buona idea dopo avere vagato all’interno del tempio è salire sulla terrazza di uno degli empori nati davanti alle mura e osservare il complesso dall’alto, per avere un’idea globale del complesso. I negozianti vi invitano a salire mentre camminate nell’isola pedonale attorno alle mura- se comprate qualcosa sono più felici. Oppure regalatevi una cena o una birra al tramonto nel ristorante sul tetto del Supreme Hotel che, seppur a distanza, si affaccia sulle torri del tempio.
Cosa non perdervi nel tempio (aperto dalle 5 a mezzogiorno e dalle 4 alle 9.30):
• Gopuram orientale (I): iniziato nella prima metà del XIII sec, nove piani, 47 m di altezza.
• Gopuram meridionale (II): XVI sec, 60 metri di altezza. La più spettacolare delle torri.
• Ashta Shakti Mandapa (XII nella piantina): sala dedicata alle otto dee, ovvero alle otto manifestazioni della Shakti-l’energia femminile. Fatta costruire dalla regine Rudrapathi Ammal e Thoilammal nel XVII sec. A destra dell’ingresso c’è una bella statua di Murugan e a sinistra di Ganesh- i due figli di Shiva e Parvati.
• Pottamarai Kulam-La piscina di gigli dorati (X): piscina per le abluzioni. Luogo piacevole dove sostare seduti sulle gradinate ad ammirare il riflesso delle torri e la gente. Sulle mura attorno ci sono dipinti murali che raccontano dei miracoli fatti da Shiva a Madurai.
• Airakkal mandapa –la sala delle mille colonne (Q): di colonne ce ne sono 985, una diversa dall’altra. Il mandapa fu costruito nel 1569 dal re che vedete rappresentato dalla statua all’ingresso. Oltre alle statue sulle colonne oggi il mandapa ospita una collezione di statue in bronzo, usate negli anni passati durante festival e processioni. All’interno c’è anche una ricostruzione del tempio che vi aiuta a capire com’è fatto il complesso.
• Nandi Mandapa (tra il tempio di Shiva e la sala delle mille colonne): statua del toro di Shiva e nelle vicinanze l’ara dei sacrifici circondata da 16 splendide colonne.
• La statua del matrimonio di Shiva e Parvati sulla colonna Jambukeshwara nel Nandi Mandapa
• Le statue degli Yali e il soffitto dipinto nel Minakshi Parikaram (E): animali mitologici metà cavallo e metà leone, segno distintivo dell’arte sotto i regnanti Nayak.
• La Lalipuja: ogni sera, verso le otto, i sacerdoti cantano ninne nanne (lali) agli dei mentre trasportano in processione le scarpe d’argento di Shiva nella sala da letto di Minakshi –infatti mentre di giorno i due amanti vivono ognuno nel proprio tempio occupandosi dei devoti, la notte la trascorrono sempre assieme. Il venerdì sera le statue dei due dei sono messe su un dondolo in un apposito mandapa e cullate prima di andare a dormire.
III a.C-X d.C I Pandya scelgono Madurai come capitale e iniziano la costruzione del tempio
X-inzio XIII i Chola controllano le terre Pandya.
1223-1311 i Pandya riconquistano il potere per poi soccombere agli attacchi del sultanato di Delhi.
1311-1371 Madurai è provincia del regno di Delhi sotto la dinastia dei Tughlak.
1377-1530 Madurai è liberata dai sovrani di Hampi, i Vijayanagar che lasciano il controllo amministrativo ai governanti Nayak.
1530-1750 I Nayak diventano un regno indipendente e governano Madurai fino alla conquista inglese
Test di osservazione: Riuscite a trovare l'intruso nella foto di copertina?
Crediti immagini
In cipertina: Camouflaged! di Vinoth Chandar;
In galleria: Madurai street di McKay Savage, Sacro e profano di Morten Knutsen; Pillar art di J'ram DJ;
Madurai temple dal tetto di Jorge Royan; A woman praying Hanuman di Claude Renault; Piantina del tempio
Nel testo: Shiva e Parvati su Nandi di TT Arvind
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