I palazzi estivi di Tipu Sultan, uno a Bangalore e l’altro vicino a Mysore (Karnataka) sono un flashback nella storia e un esercizio di immaginazione per il turista che li visita oggi, a secoli di distanza e tanta acqua passata sotto i ponti.
Tipu Sultan (nome vero Fateh Ali Tipu) fu l’ultimo governatore indipendente che resistette all’avanzata dell’impero britannico nel diciottesimo secolo. Con la morte della Tigre di Mysore, così si faceva chiamare il re-guerriero, gli inglesi non incontrarono più ostacoli all’occupazione. Tipu odiava i bretoni ed era contraccambiato, tant’è che alla sua morte, avvenuta sul campo di battaglia nel 1799, l’esercito nemico rase al suolo le sue fortezze.
Dalla strada non si direbbe che esiste un palazzo, ma per fortuna un’insegna in pietra sul marciapiede si preoccupa di segnalarvelo. Oggi sembra non avere respiro. Bangalore è una delle città indiane che è cresciuta più velocemente negli ultimi decenni. Lo sviluppo ha letteralmente mangiato la città vecchia, i giardini della zona coloniale e i vitigni che la circondavano. Ma nel 1784-1791, anni in cui il palazzo venne iniziato e concluso, Bangalore era una piccola cittadella circondata da possenti mura di pietra. Il palazzo estivo di Tipu Sultan si trovava all’interno, dall’apparenza notevole anche se non appariscente.Le mura di cinta sono sparite, fatta eccezione che per il piccolo tratto con la Delhi Gate poco lontano, e il palazzo si è nascosto nel paesaggio metropolitano.
L’edificio è formato da due sale a due piani, con belle colonne di legno di tek. Le colonne terminano in archi acuti tipicamente indo-saraceni, disegnando intriganti prospettive in un gioco di luci e ombre. L’atmosfera è sobria, formale, con uno splendido contrasto di colore tra lo scuro del legno e il rosso delle pareti.
Al primo piano non ci sono muri, ma lo spazio è intimo, raccolto. Vengono in mente tende di seta svolazzanti e cuscini di broccato (se li saranno presi gli inglesi perché nulla rimane se non l’eleganza del legno).
Al piano terra c’è un piccolo museo con la storia di Tipu e del palazzo. Il pezzo più interessante è una copia della tigre musicale, un automa costruito il sultano, emblema dalla sua relazione con gli inglesi: una tigre sbrana, ruggendo di gusto, un ufficiale inglese che emette gemiti disperati. L’originale è al Victoria and Albert Museum di Londra.
A Srirangapatna, che fu la capitale dello stato di Mysore per un breve periodo, non è cresciuta alcuna città. Per arrivarci si prende la strada che porta a Bangalore e dopo 12 km si svolta a sinistra, suggestivamente attraversando le mura del forte che fu e un pittoresco ponte.
Proprio qua Tipu combattè la sua ultima battaglia e del forte non rimangono che poche pietre. La capitale era adagiata su un’isola sul fiume Cauvery ed era ricca di giardini, come quelli che circondano il Dariya Daulat Bagh, il palazzo dei piaceri di Tipu Sultan. L’edificio ricorda quello di Bangalore, ma si capisce immediatamente che gli intenti era diversi. Nel palazzo di Mysore si direbbe che Tipu si godesse la vita privata. L’edificio è completamente in legno, con un colonnato tutt’attorno e sale con archi all’interno riccamente dipinte. Se avete già visitato Bangalore potete ritrovare le gesta del re negli affreschi e seguire la sua storia.
Vale la pena di fare una gita di mezza giornata da Mysore, visitare il palazzo con i suoi giardini (Tipu odiava gli inglesi tanto quanto amava i fiori; il Lal Bagh di Bangalore è una sua creazione) e non perdere i mausolei di Tipu e del padre Haider Ali, con cupole che sembrano cipolle. Se poi siete stufi di sultani e potere, proseguite fino al punto in cui il fiume si divide in due rami, troverete i pellegrini hindu e potete regalarvi una rilassante gita sulle barche a ombrello (tonde come un ombrellone rovesciato, fatte di bambù e impermeabilizzate).
Suggeriscono di non buttarvi in acqua e fare attenzione alle mani, perché nel fiume ci sono i coccodrilli –lascito del re tigre per i discendenti dei conquistatori inglesi? Chissà, noi comunque non ne abbiamo visto neanche uno, nemmeno da lontano.
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