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Come i serpenti portarono prosperità sulla terra

Perché in Kerala, dove quattro specie di serpenti sono mortali, la gente li adora e li invitava a vivere nelle proprie case.

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I serpenti hanno spesso intrecciato il loro cammino al mio, in questi miei anni trascorsi in India: raffigurati assieme agli dei, nei racconti orali e, raramente, anche dal vivo. Ma è sicuramente il Kerala, tra gli stati che conosco, ad aggiudicarsi il titolo di terra dei serpenti.

Una mattina a Cochin la giornata si è trasformata in una puntata del National Georgraphic. La guest house dove vivevo aveva una spaziosa sala al piano terra con un grande porta finestra. Stavo tranquillamente per scendere i tre gradini dell’ingresso quando un lieve fruscio mi bloccò. Con la coda dell’occhio ho percepito un movimento rapido che solo in un secondo momento sono riuscita a mettere a fuoco, solo quando un suono acuto, come il pianto di un piccolo gattino, si è levato nell’aria. I miei occhi hanno allora seguito le orecchie e l’immagine registrata ha preso forma: una lunga serpe si era lanciata contro una povera rana, che stava saltando sui gradini della guesthouse, ingoiandola. Il serpente se ne stava ora fermo disteso sul cemento, intento alla lunga a penosa digestione. Non è stato uno spettacolo da poco. Oltre la serpe con la rana c’era il guardiano che aveva seguito la scena ed era pronto a rassicurarmi e raccontare.
Ho scoperto che la biscia abitava da tempo nel giardino e prediligeva, come letto per la pennichella mattutina, il ramo di un albero che dava sulla strada e che nel cortile della casa del custode c’è una sarpakavu, un altare (kavu) dedicato ai serpenti (sarpa).
Il culto dei serpenti è diffuso in tutta l’India ma in Kerala ci sono moltissimi sarpakavu, sia in prossimità dei templi che nei giardini privati. Sono piattaforme rialzate, collocate tra una vegetazione selvaggia, una piccola foresta in miniatura che offre rifugio a molti altri animali, su cui sono poste le statue di pietra dei serpenti, solitamente ricoperte di curcuma gialla. Alcune hanno forma antropomorfa e altre rappresentano due serpenti intrecciati, il re e la regina dei naga, simili a quelle sulle insegne delle farmacie (simbolo che arriva dalla Mesopotamia, che con l’India antica aveva stretti rapporti).
I naga sono divinità minori che abitano in paradisi acquatici, sul fondo di mari, fiumi e laghi, in palazzi di gemme e perle. Sono i guardiani dell’energia vitale che è custodita nelle sorgenti d’acqua, nei pozzi e negli stagni. Sono anche i guardiani delle ricchezze delle profondità della terra e del mare- coralli, conchiglie, perle e pietre dure. Hanno una preziosa gemma incastonata sulla fronte. Le principesse serpenti, famose per l’intelligenza e il fascino, sono le antenate mitologiche di numerose dinastie del sud. Si dice che il Kerala sia una terra così verde e fertile proprio grazie all’intervento dei naga.
In origine il Kerala era una terra sottomarina. Poi un giorno Parasurama, sesta incarnazione terrena del dio Vishnu, scagliò la magica ascia che aveva ricevuto in dono dal dio Shiva e tra i suoi piedi e il punto dove l’arma si inabissò emerse il Kerala. Parasurama, un brahmano che si sarebbe dovuto dedicare al sapere sacro, si era comportato con un guerriero per sconfiggere una serie di re crudeli. Per espiare le sue colpe donò ai brahmani la nuova terra. I brahmani ringraziarono esultanti, ma la loro gioia non durò a lungo. Ben presto si accorsero che tutti i loro sforzi per coltivare la terra erano vani. Il suolo era arido e inerte, completamente bruciato dal sale marino che lo ricopriva. Fu allora che intervenne Vasuki, il re dei serpenti. Egli radunò tutti i suoi sudditi che abitavano negli abissi. Un esercito enorme risalì sulla superficie, leccò via il sale dalla terra e la irrigò con tutte le ricchezze del sottosuolo.
Se oggi il Kerala è una terra ricca è grazie ai serpenti, per questo il loro culto è popolare tra gli hindu keralesi. Inoltre ben quattro specie di serpenti velenosi prosperano da queste parti e il timore aggiunge ardore alle preghiere e idoli agli altari (per rassicurarmi la guardia mi ha detto che sono tendenzialmente i contadini le vittime preferite e la maggior parte delle morti è dovuta al fatto che non ci si rivolge subito a un medico, preferendo i guaritori tradizionali). Il serpente è come la terra di cui è custode: madre e tomba. C’è anche un importante tempio dedicato solo a loro a Mannarasala, dove si dice ci siano migliaia di serpenti divini e dove, caso unico in tutto il Kerala, a presiedere al culto è una donna.
Ogni volta che passo vicino a un idolo naga ripenso alla rana e alle storie della guardia e alle molte altre che poi ho sentito e letto. Rivolgo un pensiero ai serpenti, ringraziandoli soprattutto per avere la gentilezza di mantenersi sempre a debita distanza e ripromettendomi di andare un giorno a visitare Mannarasala e la sacerdotessa.

 

Crediti immagini:

Nagaraja di Natesh Ramasami

Cobra di Justin Baeder

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