Trovare il silenzio in India è quasi impossibile. Forse per imitare la natura lussureggiante -in cui si nascondono migliaia di uccelli canterini, scoiattoli fischianti, cani ululanti, persino gechi squillanti!- gli indiani orchestrano una quantità di rumori urbani e semi-urbani che ci stordiscono al primo viaggio (chi, rientrando in Italia, non è stato pervaso dalla sensazione di vuoto e silenzio?).
Piano piano il baccano diventa famigliare e cominciamo a riconoscere i vari suoni oltre lo strombazzare impazzito dei clacson.
Ovunque in India la mattina presto iniziano i richiami dei vari venditori ambulanti, in hindi si chiamano pheriwallah (formato dalla parola inglese Ferry e wallah, letteralmente gli uomini traghetto). C'è il venditore di chay, il chayawallah; il fruttivendolo, il fruitwallah; il verduraio, il sabjiwallah; il lattaio, il dudhwallah e via dicendo (basta aggiungere il suffisso wallah a qualsiasi parola, anche inglese, e coniate un professionista).
Gli indiani con il lavoro non scherzano. Ogni venditore ha un proprio richiamo e un modo tradizionale di modulare la voce, tramandato da padre in figlio come vuole la buona tradizione orale. Questo coro di canti-richiami all’acquisto è una caratteristica che connota fortemente tutta l’India, cambiano le lingue con la geografia, ma la modulazione rimane sorprendentemente simile.
Si inizia la mattina presto (per me troppo presto) e le principali attività di questo commercio porta a porta si svolgono in mattinata. Il richiamo più famoso e facilmente riconoscibile per i viaggiatori stranieri è il Chay, chay, garam chay (té,tè. tè caldo) dei venditori di tè e caffè sui treni, intonato con voce metalicca capace di coprire chilometri e superare il frastuono circostante.
Nonostante la presenza di bazar e negozi in tutti i quartieri, il mestiere del pheriwallah è continuato a fiorire. ? comodo, non siete voi a dovervi muovere, ma la merce di cui avete bisogno che vi raggiunge a casa, basta tenere le orecchie aperte e scendere per strada quando si ode il richiamo.
Eppure oggi sembra che la professione dei venditori ambulanti dalle voci impostate, sia in pericolo di estinzione. Messa a repentaglio dai modi diversi di fare acquisti e conservare il cibo (supermercati e centri commerciali, frigoriferi in prima linea) e dalle aspirazioni professionali dei commercianti per la propria prole. Per scongiurare la perdita del vasto repertorio “canoro” dei pheriwallah di Delhi, Rashmi Kaleka, un’artista di origini Indiane residente a Delhi, li ha registrati e collezionati a partire dal 2003. Così oggi stesso voi, volendo, potete cominciare a famigliarizzare con alcuni dei richiami, basta cliccare sui suoi video caricati in vimeo.
Immaginare l’India senza queste voci, e come immaginarsi il cibo indiano senza le spezie. Sembra impossibile, ma tutto può succedere in questa terra in perenne evoluzione. Sarebbe un peccato. A me personalmente piace questo mondo fatto di piccolo commercio porta a porta e di suoni…e se un giorno non udissi più il richiamo del signore che passa a raccogliere la carta e il vetro? O la sfilza di nomi-senza-pause-per-respirare del pescivendolo? I miei gatti ne sarebbero affranti! E io dovrei prendere in considerazione l’idea di avere una macchina per trasportare tutti i giornali e le bottiglie che si accumulano nel giardino.
Crediiti immagini
Il venditore di snack by Utpal; Venditore di saree by Harsha K.R.; Venditori di banane by Vijay Chennupati; Fruttivendola by David Brossard; Gelataio by Shiv; Stiratore by Ryan; Lattai by Paul Hamilton

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