Un giorno di autunno di nove anni fa ho conosciuto Lala Bhaat. Seduto a terra con un pezzo di legno tra i piedi, tra segatura e teste scolpite a Shadipur Depot, un quartiere occupato nel cuore di Delhi, un villaggio di baracche compresse in poco spazio. Shadipur Depot è una piccola –inusuale- India: c’è la zona degli addestratori di scimmie, dei prestigiatori, quella degli acrobati e saltimbanchi… La zona centrale e più vecchia è Kathputli Colony-la terra delle marionette rajasthane. Qui abita Lala con la sua famiglia.
Sono arrivata a Shadipur inseguendo i fili mossi da Mohan Lal anni prima in un teatro a Torino (diretto da Roysten Abel), per caso più che per decisione. Lala a Kathputli Colony ci è nato e cresciuto, così come i suoi nove fratelli e sorelle. Io sono rimasta sei mesi, vivendo quotidianamente a contatto con un’umanità intensa e generosa. Lala dal villaggio slum è uscito per lavorare in Rajasthan e quindi in Francia, dove attualmente collabora alla produzione teatrale del Cie de l’écrin.
Non poca strada per un ragazzo che ha iniziato costruire marionette quando in mano avrebbe dovuto avere una penna, non un affilato scalpello. Naurang, il padre, era un costruttore di marionette rinomato tra la comunità dei Bhat –la mia casta ripete spesso con orgoglio Lala. Tra tutti i fratelli il talento e la determinazione sono passati a lui. Ricorda come da bambino alle prime armi con lo scalpello si fosse fatto prendere dal panico, non riuscendo a stare al tempo degli scultori più esperti vicino a lui e sentendosi perso. Aveva 8-9 anni. Desideroso a imparare chiuse il mondo fuori dai suoi pensieri e si concentrò sulle sue mani: in poco tempo diventò velocissimo. La maggior parte delle kathputli fatte oggi sono ornamentali, da vendere come souvenir ai turisti (le troverete in tutta l’India); la testa è di legno soffice e il volto è un semplice abbozzo, dieci minuti di lavoro per mani esperte. Lala voleva invece fare le marionette professionali, quelle che vedeva emergere dal legno di mango scolpito dal padre. Era un lavoro che pagava poco, gli ordini venivano quasi esclusivamente dalla comunità stessa. La famiglia era riluttante, tuttavia imparando a scolpire Lala avrebbe potuto lavorare per qualche emporio di artigianato etnico e così Naurang Bhaat tramandò il mestiere al figlio.
Quando sono arrivata a casa di Naurang Bhaat stavano completando delle piccole kathputli per un’associazione irlandese (a cui era destinato anche un video su Kathputli colony). Padre e figlio scolpivano e preparavano i corpi di cotone imbottito di lana, mentre mamma e sorelle si occupavano dei vestiti e della decorazione. Lala non parlava inglese, ma voleva imparare. Così mi ritrovai a insegnare inglese e imparare a scolpire.
"Con la volontà gli obiettivi difficili diventano semplici", il motto preferito di Lala, mi ritorna in mente spesso come simbolo della sua stessa vita. Lala ha continuanto a studiare inglese, tanto da riuscire a intrattenere un minimo di conversazione e insegnare a costruire una kathputli a chi non parla hindi. Parlare inglese gli ha dato la possibilità di lavorare per un’associazione francese a Udaipur. Con la sicurezza e una maggior esposizione al mondo fuori dalle mura domestiche Lala ha potuto inseguire un altro sogno: muovere le marionette.
Come Lala negli slum indiani sono in molti, pieni di talento, energia e voglia di costruire un futuro diverso in cui portare avanti l’antico patrimonio culturale, innovandolo. Non tutti ce la fanno.
Il destino di Shadipur è incerto: un progetto di riqualificazione urbana minaccia di cancellare il quartiere - lo sgombero potrebbe iniziare in qualsiasi momento. Lala non è troppo preoccupato, forse l’abitudine a vivere giorno dopo giorno allontana l’ansia per il futuro. Ma sogna di costruire una casa fuori Jaipur, dove già si è stabilita parte della sua famiglia, non appena riuscirà a mettere da parte abbastanza soldi- cosa non facile con i prezzi alle stelle nell’India dell’espansione urbana ed economica.
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