Una delle più diffuse aspirazioni dei giovani indiani –soprattutto se ingegneri- è andare all’estero a lavorare. Uno degli ostacoli maggiori sulla via della realizzazione del desiderio è il VISTO. Gli anni di sacrifici dell’intera famiglia, le notti in bianco a preparare gli esami, il duro impegno… tutti gli sforzi fatti possono essere vanificati da un semplice timbro di approvazione negato. Che fare per scongiurare il rifiuto e facilitare l’espatrio?
Semplice: andare in pellegrinaggio al Chilkur Balaji Temple, fuori Hyderabad in Andhra Pradesh, girare undici volte in senso orario attorno al santuario e offrire preghiere al dio Venkateswara (una delle manifestazioni del dio Vishnu) –promettendo di ritornare a grazia ottenuta e compiere altri 108 giri a piedi nudi. A tornare per ringraziare sono in molti e per facilitare l’impresa di chi è ormai in procinto di partire l’amministrazione del tempio mette a disposizione delle schede sui tenere il conto dei giri effettuati.
Pregare dio per ricevere grazia e aiuto è prassi comune in tutto il mondo; in India, dove esistono milioni di divinità e la religione è inscindibile dalla quotidianità concreata, ci sono dei specializzati per ogni desiderio e templi particolarmente favorevoli all’ottenimento di una specifica grazia –tra le più comuni un figlio, un buon marito, una guarigione. Il Visa temple del dio che aiuta a ottenere il visto dunque non è un’anomalia, ma una risposta puntale alle mutate aspirazioni della società indiana.
Mentre esiste una leggenda dietro l’origine del tempio, costruito cinquecento anni fa, non vi è alcuna storia che giustifichi la specializzazione del dio nell’elargire visti. Eppure sono in molti a essere convinti dell’efficacia di Visa Balaji, provata dai numerosi devoti che ritornano –visto stampato sul passaporto- a ringraziare.
La trasformazione del centenario e poco famoso Chilkur Balaji Temple nel popolare Visa temple avvenne alla fine degli anni novanta quando, con l’arrivo di alcune grandi dell’Informatica (Microsoft, Accenture in primis), la città di Hyderabad si cimentò nel progetto di diventare Cyberabad, la seconda Bangalore dell’India. Nella zona dove si trova il tempio cominciarono a spuntare college di informatica e ingegneria. Nel 1999 il nuovo sacerdote del tempio, il signor Gopala Krishna -che aveva studiato economia e commercio ma era ritornato a fare il lavoro del padre brahmano dopo che questi si ammalò- creò la nuova identità per il dio, battezzandolo Visa Balaji. Gopala Krishna è un devoto del dio ed era convinto che Balaji non avrebbe mancato di rispondere ai bisogni dei credenti, se solo avessero avuto l’umiltà e il tempo di pregarlo. E così è nato il Visa temple. Le restrizioni nel rilascio del visto e la crescita della classe borghese con figli ingegneri che sognano l’America, sono le chiavi del successo del tempio.
A chi gira intorno al santuario nella speranza di emigrare, quale sia l’origine del nome o le credenziali del dio non sembrano importare. Undici giri e un piccolo rituale per un grande sogno, non è un prezzo così oneroso da non potere tentare, no? Tentar non nuoce…
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