L’articolo 45 della Costituzione indiana del 1950 stabilisce che l’istruzione scolastica debba essere gratuita e obbligatoria fino ai 14 anni. Oggi il sistema scolastico prevede:
Pre-scuola Asilo Materna |
3-5 anni |
Non obbligatoria |
Primaria Inferiore Superiore |
I-IV 6-10 anni V-VII 11-14 anni |
Obbligatoria Esami di stato al termine della IV, V, VI, VII |
Secondaria Inferiore Pre-università |
VIII-X 15-17 anni XI-XII 18-20 anni |
Non obbligatoria Esami di stato al termine di ogni anno |
Istruzione superiore Corsi professionali Università |
3 anni 3+ 2 |
|
A scuola i bambini possono ricevere l’istruzione nella propria lingua materna e studiare hindi e inglese come lingue seconde, o in inglese e scegliere la propria lingua e la hindi come seconde.
Le scuole aprono a giugno e finiscono ad aprile. Le date possono variare da stato a stato e nei diversi livelli. L'esame più importante è oggi quello a termine della X classe, dopo si comincia la corsa verso l'ammissione all'università.
Il sistema scolastico è forse la più clamorosa delle contraddizioni che caratterizzano il paese. L’India sforna il più grande numero di ingegneri al mondo e ha il più elevato numero di bambini che non vanno a scuola. Crea 2 milioni di laureati all’anno, ma un terzo della popolazione è analfabeta.
Questa situazione è il risultato di diversi fattori storici e sociali. La scuola, di matrice occidentale, è stata introdotta nel 1854 dagli inglesi con l’intento di formare una ristretta cerchia di indiani che gestisse la macchina amministrativa dell’impero, non certo per istruire le masse. A quei tempi la tradizione locale voleva che solo i figli di casta alta fossero educati in lingua sancrita da un guru, un maestro. L’istruzione degli inglesi venne accolta come un mezzo per allontanare lo spettro del lavoro manuale e scalare la gerarchia sociale.
Nel 1947 l’India era un paese profondamente analfabeta, dove l’istruzione era diventata un diritto quasi ereditario. I padri della Costituzione considerarono fondamentale l’alfabetizzazione di massa per creare una nazione che non si lacerasse in rivoluzioni violente, ma per i vari capi di governo e politici dei difficili anni del post indipendenza la scuola non fu una priorità. La scelta politica di introdurre le lingue regionali come veicolo di insegnamento portò la borghesia a optare per scuole private che insegnavano in inglese. Senza il supporto della classe medio-alta la scuola elementare rimase a languire, abbandonata dai politici che dirottarono gli scarsi fondi pubblici verso la scuola superiore con il sogno di costruire un paese moderno e tecnologico.
Il 10% degli studenti arriva all’università. Sette Istituti Indiani di tecnologia (IIT) producono ingegneri e scienziati di fama mondiale. Ci sono oltre 1000 università di ingegneria, altrettanti istituti di informatica e 291 università. Se fino agli anni ’90 molti genitori indigenti non mandavano i figli a scuola perché non ne vedevano l’utilità, con le riforme di apertura economica e lo scoppio del boom dell’information technology, la connessione tra scuola e lavoro è diventata evidente. A tutti. Una discreta conoscenza tecnica e dell’inglese sembrano essere le chiavi per l’emancipazione economica e sociale. L’opportunità negata per secoli. Le aule delle scuole pubbliche si svuotano e anche nelle baraccopoli sono sbucate le scuole private, riconosciute o meno. Il governo, che da anni sta cercando di portare i bambini a scuola con diversi interventi di discreto successo, ora concentra i suoi sforzi e fondi (circa il 4% del PIL) a migliorare le condizioni di apprendimento.
Crediti foto
In copertina: La scuola in Indiadi José Antonio Morcillo Valenciano
Foto nel testo per la cortesia di Paolo Donalisio, fotolive.pd@libero.it
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